I Cannabis Social Club in Europa

Da Joep Oomen, Encod, (tradotta da: Stefano Auditore in Rassegna Stampa)

Sicuramente avrete sentito parlare del termine Cannabis Social Club; in questo articolo il coordinatore di ENCOD Joep Oomen spiega che cosa sono, cosa fanno e come poterne “aprire” uno voi stessi.

Ispirandosi al modello che è stato originariamente progettato dagli attivisti della cannabis nelle regioni spagnole della Catalogna e dei Paesi Baschi a metà degli anni novanta, i Cannabis Social Club stanno spuntando di recente in diversi paesi europei. Oltre ad essere una reale soluzione alle esigenze del consumatore di cannabis, il CSC è diventato uno strumento semplice ed efficace per informare e trasmettere al pubblico, nonché alle autorità, che è possibile mettere in atto un semplice, trasparente e facilmente controllabile sistema per autoprodurre e distribuire cannabis.

Inizio a parlare dei CSC dal presupposto che la peggiore conseguenza della proibizione delle droghe è stata la generazione di un mercato illegale che si basa quasi esclusivamente su motivi economici, ed una struttura di controllo che si basa quasi esclusivamente su motivazioni immorali. Cioè non si stanno davvero prendendo in considerazione gli interessi dei consumatori e dei produttori.
Se vogliamo sostituire questo criterio con uno che è orientato verso la tutela della salute e della sicurezza dei consumatori e dei produttori allora dovremo costruire un’alternativa “dal basso”, con le nostre mani. Solo in questo modo possiamo impedire ad altri di approfittare dello spazio che si crea quando i giorni di divieto giungeranno al termine, con la creazione di un altro monopolio: il modello commerciale orientato al profitto.

Abbiamo visto come in Spagna dal 2006, quando Pannagh venne assolto a Bilbao, molti club sono spuntati come funghi e in che modo questo successo abbia attirato persone e gruppi di interesse che non sono dalla parte dei consumatori. Così le autorità hanno deciso di intervenire e, finora, sembra che almeno il parlamento regionale della Catalogna e dei Paesi Baschi presenterà presto una proposta di legge finale per regolare i CSC.

In Belgio, il primo CSC Trekt Uw Plant è stato fondato nel 2006, sulla base di una linea guida 2005, che sosteneva che il possesso di max. 3 grammi o di una pianta femmina non saranno più penalizzati. Tuttavia, il CSC TUP dovette andare in tribunale due volte, prima di essere assolto nel 2010. Solo tre anni più tardi, quattro nuovi club sono stati fondati, ma poco dopo il terzo di loro richiuse dopo aver subito il primo intervento della polizia. Il quarto, il Mambo Social Club, che era partito come una sezione regionale di Trekt Uw Plant, ha subito un raid della polizia nel mese di dicembre 2013, ed ora aspetta di essere assolto nel dicembre 2014. Il governo attuale del Belgio ha annunciato la sua volontà di valutare il CSC come una dei possibili modelli per la regolamentazione giuridica, ma la nuova legge proposta non è prevista a breve.

In Slovenia, due club sono operativi con la conoscenza delle autorità, ma senza la loro approvazione esplicita: uno è orientato esclusivamente verso l’uso di cannabis medica e l’altro è integrato in una comunità di squatter nella città di Maribor. Lo stesso vale per il primo Cannabis Social Club dei Paesi Bassi, chiamato “L’albero della vita“ di Amsterdam. Fondato nel settembre di quest’anno, il CSC costituisce una grande sfida per le autorità comunali, che sono ora di fronte ad un dilemma: o agiscono contro il club con circa 25 membri per creare una situazione ridicola, dal momento che già ad Amsterdam ci sono centinaia di coffeeshops che ottengono la loro cannabis dal mercato illegale, oppure tollerano la loro esistenza mettendoli in conflitto con il ministro della Giustizia Ivo Opstelten, che si oppone ad una attenuazione della politica restrittiva verso la coltivazione di cannabis.

Inoltre nella città olandese di Utrecht e in diverse città in Svizzera e in Germania (come Berna, Berlino e Francoforte per la precisione) le amministrazioni comunali stanno prendendo in considerazione l’apertura di un Cannabis Social Club come progetto pilota. In questi casi le autorità avrebbero consentito ad un gruppo di consumatori nella loro città di organizzare la propria produzione in modo da non ricorrere al mercato illecito.

Infine, in Francia, Italia e Regno Unito le persone hanno stabilito alcuni Cannabis Social Club, ma finora operano clandestinamente, senza essere ufficialmente registrati, o semplicemente come gruppi di attivisti che, in futuro, vogliono creare un CSC, ma per il momento restano nascosti dietro profili Facebook.

In Austria, è esattamente l’opposto:. Ci sono diversi CSC ufficialmente registrati, ma ancora non coltivano.
Così, da un piccolo seme piantato nel terreno da una manciata di persone che si è dimesso per arrendersi al sistema proibizionista, è nato un movimento. Milioni di persone hanno messo le loro speranze in coloro che stabiliscono i club, in modo che un giorno anche loro avranno la possibilità di iscriversi e che li sia dato il permesso di coltivare le loro piante, il tutto in un quadro perfettamente legale.

Ma c’è ancora confusione circa il termine Cannabis Social Club.

Questa confusione è causata da due problemi: da un lato, il termine è utilizzato da molte persone che non hanno idea di ciò che un CSC sia veramente e come dovrebbe operare, semplicemente perché nel loro paese il concetto non può ancora essere attuato a causa della mancanza di un quadro giuridico o a causa dell’ostile ambiente politico;

Dall’altro lato, nei soli paesi in cui si può essere legalmente implementata (Belgio e Spagna) ci sono alcune persone che usano il termine per coprire un modello di business commerciale. Lo fanno solo per il gusto delle pubbliche relazioni, perché sanno che il pubblico accetta più facilmente i Cannabis Social Club al contrario di una modello esplicitamente commerciale./p>

Il CSC non può essere brevettato – è un’idea, un concetto teorico.

In ogni paese, regione, forse anche in ogni città, sia gli attivisti che le autorità dovranno trovare la propria interpretazione. Ed è importante ricordare che il vero obiettivo degli attivisti della cannabis non è quello di costruire un CSC, ma di ottenere una legislazione che garantisca i diritti degli adulti di possedere e coltivare cannabis in casa per il proprio consumo personale.

Se i Cannabis Social Club vogliono essere uno strumento per ottenere questo, essi stessi dovrebbero essere chiari e trasparenti. Hanno bisogno di identificarsi come CSC e quindi hanno bisogno di aderire ad un codice di condotta comune.

Dopo diversi mesi di discussioni tra gli attivisti di diversi paesi europei, il Codice di condotta per Cannabis Social Club è stato fondato nel dicembre 2011. Il suo scopo è quello di servire come linea guida per coloro che desiderano stabilire un CSC nel proprio paese, ma anche come riferimento per i consumatori. Essi devono sapere che, come membri di una CSC, hanno diritto a lamentarsi da qualche parte se il loro club non rimane conforme al presente codice di condotta.

Non dobbiamo mai dimenticare che il concetto di CSC è progettato per proteggere e responsabilizzare i consumatori – per dare loro la possibilità di controllare la produzione di quello che consumano, di smettere di essere vittime della manipolazione. La Democrazia interna di un CSC agevola qualsiasi gruppo di membri per unire le forze e sfidare il Consiglio qualora lo ritengano necessario. Questo concetto associativo è molto più difficile applicarlo in un modello privato o statale.

Dunque, quali sono i principi di base di un Cannabis Social Club? Che cosa lo distingue dalle altre iniziative?

  • 1. La fornitura segue la domanda, non viceversa

  • La capacità di produzione di un CSC si basa sul livello atteso di consumo dei suoi membri. La produzione è organizzata in modo da soddisfare le esigenze dei membri. Pertanto, un CSC non fa pubblicità e non cerca attivamente di reclutare più membri. Si può crescere solo lentamente, ma solidamente, proprio come una pianta.


  • 2. Non-profit

  • Un CSC non compra e vende cannabis, ma fornisce un servizio ai suoi membri. Il prezzo che pagano dovrebbe essere basato su una stima realistica delle spese tecniche e amministrative, e deve essere approvato dall’Assemblea dei Soci. I benefici che possono essere generati dal club devono essere utilizzati per promuovere i suoi obiettivi, non per riempire le tasche di pochi.


  • 3. Trasparenza

  • I Cannabis Social Club sono stati registrati come una Associazione con organizzazione interna, democratica e partecipativa. L’organo decisionale è l’Assemblea generale annuale, a cui tutti i membri sono invitati a partecipare ed ognuno ha un voto. All’A.G. viene presentata e approvata una narrazione e la relazione finanziaria delle attività dell’associazione per l’anno precedente, nonché un piano per l’anno successivo.


  • 4. Sanità pubblica

  • Durante tutto il processo dal seme al germoglio, CSC si sforzano di garantire che la cannabis coltivata sia conforme alle norme dell’agricoltura biologica. L’Uso di sostanze chimiche è completamente fuori legge. Essi hanno anche una politica attiva per individuare e prevenire il consumo problematico attraverso la promozione di un utilizzo sicuro e responsabile. Collaborano con gli enti di sanità pubblica, ed assistono i membri che desiderano contattare gli operatori socio-sanitari.


  • 5. Aprire il dialogo con le autorità

  • Il CSC è disposto a entrare in qualsiasi forma di dialogo con le autorità, in cerca di un obiettivo comune: ridurre il mercato di strada, in cui i giovani diventano presto vittime dei trafficanti.


  • 6. Supporto per attivismo (inter) nazionale

  • L’Attivismo ha svolto un ruolo cruciale per il successo dei CSC e rimane importante per garantire la loro emancipazione, che si concluda con un regolamento definitivo del mercato della cannabis che garantisca i diritti di tutti i consumatori e dei produttori. Quindi ogni CSC deve essere affiliato con le piattaforme nazionali e internazionali di attivismo per la cannabis, sia per rappresentare i CSC sul territorio (inter) nazionale in modo da servire come punto di riferimento per i soci ed il pubblico in generale.


    Tutti i club che sono disposti a riconoscere l’adesione al Codice di Autodisciplina dei CSC sono invitati a registrarsi ed essere inclusi sul sito europeo dei Cannabis Social Club: http://cannabis-social-clubs.org.
    Anche quei gruppi che non sono ancora un club possono accedere ad una rete di auto-sostegno che potrebbe aiutare molto.

    Continuiamo a creare migliaia di CSC in tutta Europa! Viva la rivoluzione verde!

    Joep Oomen, co-ordinator
    EUROPEAN COALITION FOR JUST AND EFFECTIVE DRUG POLICIES
    Haantjeslei 213 – 2018 Antwerp - Belgio
    Tel. + 32 (0)495 122644
    E-mail: office@encod.org / www.encod.org